mercoledì 4 novembre 2009

Come cambia un formatore

Qualche giorno fa Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti e Ragionieri, commentando la frase del ministro Tremonti sull’importanza del “posto fisso” ha dichiarato che l’accento andrebbe messo sulla parola “posto” e non sul fisso o precario, perché è quello il concetto sul quale lavorare. Ed è con quest'ottica che dovremmo analizzare il cambiamento dello scenario formativo, pubblico e privato, negli ultimi 10 anni. Anni nei quali nel pubblico - la formazione finanziata - si è registrato il passaggio da un mercato ricco e in espansione, che ha creato lavoro intorno alla figura del formatore, ad un mercato asfittico, fortemente condizionato dalla politica, che ha gestito le poche possibilità spostando, di fatto, la centralità dei meccanismi formativi dalla formazione all’amministrazione. E anni nei quali la formazione privata e quella aziendale sono cresciute a macchia di leopardo, solo nel nord Italia, rimanendo fenomeni isolati nel sud.

Se spostiamo l’attenzione sul concetto di “posto”, come suggerisce Siciliotti, ci rendiamo conto che il mutamento degli scenari lavorativi, aggravato da una crisi ancora in crescita in Italia e nel mondo, non è reversibile. Almeno non per il momento. E che la precarietà è un dato di fatto e non ci sono leggi o risorse economiche sufficienti a trasformarla in stabilità. Il diritto al lavoro, sancito dalla costituzione, resta inalienabile, ma forse vanno cambiate le strade di accesso. Si tratta, quindi, anche di un problema di mentalità, un cambio epocale necessario da metabolizzare.

La scelta nell’immediato è tra sole due possibilità: lasciarsi portare dagli eventi, strepitando, tra alti e bassi, per una sicurezza che non c’è e che nessuno ci potrà dare davvero, o decidere di farsi imprenditori di sé stessi. E’ questo il vero cambiamento che da tempo lo scenario ci chiede, imparare a produrre lavoro. Ciò è vero per qualsiasi tipo di attività lavorativa, inclusa quella del formatore, ed è una necessità che proprio noi, spesso impegnati nelle aule per accompagnare verso l’autoimprenditorialità giovani, precari, disoccupati o cassaintegrati, non possiamo ignorare. Chi ha scelto di essere formatore , e non di fare il formatore quando capita, oggi deve formarsi ai principi della qualità e del marketing lavorando su sé stesso, per aumentare la creatività e l’efficacia dei suoi interventi, l’ampiezza delle competenze, la ricchezza del linguaggio, la capacità di creare nell’altro il cambiamento senza il quale non è possibile un vero apprendimento. Tutto questo si traduce in un incremento della qualità percepita e in una significativa qualificazione della figura del formatore che poi deve puntare sulla comunicazione ed il marketing per promuovere la sua immagine e la sua capacità progettuale.

L’Associazione Formatori Professionisti si propone come strumento operativo di tale cambiamento con l’intento di ampliare sempre di più il gruppo dei formatori per scelta, produrre lavoro, creare un nuovo spazio per la Formazione. I servizi offerti all’associato sono funzionali alla sua crescita - sia come persona, sia come formatore – e alla possibilità di promuoversi già da subito (webmarketing) attraverso una rete virtuale che in pochi mesi di attività offre 1.500 contatti ed oltre 700 accessi settimanali (certificati Google), con un trend di crescita del 15% mensile, un posizionamento di mercato alto e qualificante ed una indicizzazione che porta l’AFP e l’editoriale PF, in prima pagina e spesso in prima posizione, con le chiavi di ricerca legate alla formazione.

Ma non solo. L’Associazione significa networking, promozione di idee e creazione di lavoro con gli altri formatori per scelta, condividendo progetti, trovando le risorse umane adatte a loro sviluppo ed esprimendo una forza che può superare gli ostacoli e “fare la differenza”. Vantaggi? Sì, tanti ed importanti ma può significare molto altro ancora se ci sarai anche tu, protagonista insieme a noi.